domenica 21 febbraio 2010

21 febbraio

Il 21 febbraio di 46 anni fa, mia madre in questo stesso momento, era in un letto d'ospedale, finalmente riposata dopo un parto difficile e doloroso.
Pesavo 5 chili, con un testone così grosso che dovettero usare il forcipe per tirarmi fuori.

Non l'avevo mai fatto finora. Dev'essere un segnale di vecchiaia: poco fa ho chiuso gli occhi e mi sono immaginato neonato nelle braccia di mia madre, caldo e protetto, le labbra gonfie e rosse di salute sul seno candido e gonfio di latte buono, la mano di lei sui miei capelli fini e il suo sguardo tutto per me.
Peccato che non conserviamo nessun ricordo di quei primi istanti della nostra vita.

Mentre nascevo, a mezzogiorno in punto, fuori scoppiava un temporale: lampi tuoni e tanta acqua come raramente se ne vede cadere da quelle parti.
Sarà per questo che da sempre la pioggia mi sollecita sensazioni magiche, di pace e intimità.

Il 21 febbraio di 46 anni fa mio padre non stava nella pelle per la felicità: dopo due femmine (che adorava), finalmente era nato il maschio che aspettava!
Non so, ma sono convinto che mi avrà baciato il pistolino per la contentezza e avrà mostrato a tutti che paia di testicoli aveva il suo ultimo nato.
Comprensibile: era un contadino; un uomo forte e possente nel fiore degli anni, abbronzato anche in pieno inverno e dolce e affettuoso come pochi.
La maggior parte degli uomini di quella fascia sociale, in quegli anni, erano burberi, severi, imbarbariti dal lavoro e dalle difficoltà e spesso immotivatamente violenti con mogli e figli.
Non lui: mia madre mi raccontava di un padre amorevole, che si metteva a giocare coi figli appena tornato dal lavoro nei campi, focoso e allo stesso tempo tenero con la moglie, sessualmente attento e altruista.

Credo che il 21 febbraio di 46 anni fa la mia famiglia (mia madre, mio padre e le mie sorelline) viveva la sua giornata più bella, grazie a me (forse almeno di questo dovrei essere orgoglioso di me stesso, sebbene abbia contribuito solo involontariamente a questa felicità, il grosso l'avevano fatto i miei genitori in una odorosa notte del maggio precedente)

Lo stato di grazia durò due anni; poi un bel giorno, improvvisamente, mio padre morì, lasciando mia madre praticamente nella merda.

Da ragazzino, davanti alle mie prime serie difficoltà di relazione, alle prime sensazioni di incompletezza e di inadeguatezza a questa vita, ricordo che più volte io, arrabbiato, gliene ho fatto una colpa, a mio padre, di quella sua morte prematura.

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